Cinema

 
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69° Mostra del cinema di Venezia
C’era una volta il grande cinema - di Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese -

Cinema: la parola deriva dal greco khinesis che vuol dire movimento. L’ultima delle arti inventate dal genio umano, l’ultima che riesce a rendere l’idea del ritmo immaginifico della vita moderna. Il cinema ha compiuto più di un secolo ed è diventato uno dei più potenti e commerciali mass – media, tanto che il filosofo Adorno l’ha definito “industria culturale” nel suo libro “Dialettica dell’Illuminismo”. Espressione profetica. Il cinema, costruito come scatola dei sogni, inventò il divismo. I primi divi come Francesca Bertini e Rodolfo Valentino, Lyda Borelli e Pina Menichelli, soprannominata “la tigre siciliana”, erano creature dal volto irreale, truccate in modo iperteatrale e sempre in posa, come se comunicassero solo con il carisma del gesto e dello sguardo. Le loro storie erano sempre anticonvenzionali, dovevano stupire e scandalizzare il pubblico borghese. Con il passare del tempo la scatola dei sogni si è trasformata in un vero e proprio sistema commerciale: lo star – system. Dagli anni Trenta fino agli anni Settanta il cinema ha prodotto, tra Hollywood e Cinecittà, una serie sterminata di pellicole in cui, spesso, non si raggiunge il livello del capolavoro, ma si riesce a creare quella straordinaria attrazione tra il pubblico e la diva. Pensiamo a film come “Niagara”, che non eccelle sul piano della sceneggiatura, ma seduce per la presenza carismatica di Marilyn Monroe. Quando eravamo ragazzi, il divismo in Italia era incarnato dalle divine degli anni Cinquanta e Sessanta: la popolaresca e tragica Anna Magnani, la mamma coraggio di “Bellissima” di Visconti. Prima rappresentante di un divismo romano – partenopeo, Sophia Loren nella commedia “L’oro di Napoli”, poi diventata grande attrice drammatica nel pluripremiato film di De Sica “La Ciociara”. Questo divismo era una miscela perfetta di seduzione e di talento drammatico, che solo in pochi casi si realizza. Passerella prestigiosa di questo divismo è sempre stata la Mostra del cinema di Venezia, giunta quest’anno alla 69° edizione. La stampa internazionale se ne è occupata, ma sembra che l’unico film capace di scandalizzare sia stato “Paradise Faith” in cui una cattolica fa sesso sadomaso con un crocefisso. A noi non sembra affatto scandaloso, perché viviamo in un’epoca pornografica in tutti i suoi aspetti. Quello che ci sembra carente nella Mostra cinematografica di quest’anno, più ancora della qualità dei film, è la scomparsa del divismo. Davvero lontani gli anni in cui il pubblicò rompeva le transenne, quando apparivano Gina Lollobrigida che sembrava uscita da un dipinto rinascimentale, e Sophia Loren come una madonna caravaggesca dalle forme barocche e dallo sguardo sensuale. Le nuove dive, se così vogliamo chiamarle ancora, sembrano un ricalco delle veline degli spettacoli televisivi. Clonate, prive di autentico spessore cinematografico, spesso simili alla casalinghe “dei reality - show”. info@riccardodisalvo.it / info@claudiomarchese.it