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Oscar Pistorius:
l’atleta che sfida il destino

“Gambe in spalla”. Per alcuni è solo un proverbio, ma per Oscar Pistorius è la quotidiana realtà: tutte le volte che arriva al campo di atletica si adagia sul prato, apre il suo zaino, si toglie le classiche protesi rosa e rotonde, monta alle sue ginocchia le due lame nere molleggiate e comincia il suo allenamento Le prossime olimpiadi sono il chiodo fisso di Oscar Pistorius. L’atleta è nato con una grave malformazione (entrambi i peroni erano assenti e i piedi erano gravemente malformati) e a soli undici mesi i medici gli hanno amputato gli arti inferiori. Nonostante le difficoltà Oscar non ha mollato e con forza di volontà, determinazione e coraggio, si è rimpossessato della sua vita diventando un esempio da seguire e imitare non solo come atleta, ma soprattutto come uomo. Nel 2004, alle Paraolimpiadi di Atene, si è classificato terzo nei cento metri e ha vinto l’oro nei duecento. Il 5 aprile 2007 arriva il record nei 200 metri con il tempo di 21”58. L’obiettivo del sudafricano, soprannominato anche blade runner per via delle due barre di carbonio nerocce che sostituiscono gambe e i piedi nella corsa, è quello di gareggiare con i normodotati. Nelle scorse olimpiadi di Pechino la Iaaf gli ha negato di correre “contro” gli “atleti normali” perché, come cita il regolamento, “il gesto atletico non può dipendere da elementi tecnologici esterni di nessun tipo” e secondo gli incaricati quelle due lame di carbonio sono da considerarsi non conformi alla norma. “E’ una discriminazione - ribatte l’atleta - , le protesi sono invece un handicap bello e buono: alla partenza ci metto molto di più a scattare, senza poi contare la pioggia o il vento che le rendono più rigide. Per dimostrare le sue ragioni il campione si è sottoposto ad alcuni test biomeccanici; i risultati finali hanno dato ragione allo sportivo. Oscar sa che prima del 2012 ci sono altre sfide che lo attendono: i Campionati del mondo a Berlino nel 2009, i Giochi del Commonwealth nel 2010 e ancora i Mondiali del 2011, ma il suo obiettivo primario rimane la partecipazione alle prossime Olimpiadi. “Tutto questo non mi spaventa - ammette -, sono contento perché la mia battaglia è servita anche per cambiare e allargare la percezione in molti Paesi sui disabili; queste persone venivano considerate impossibilitate a camminare, figuriamoci a correre! Adesso questo concetto fortunatamente è cambiato grazie alla comunicazione e grazie alla “scoperta” di queste nuove protesi”.